Chiamatele Immagini, non Fotografie
Con l’avvento del digitale la fotografia ha indubbiamente subìto dei forti cambiamenti. Si è modificato il modo di scattare, probabilmente il modo di vedere in quanto si scatta molto di più e si osa anche molto di più. Abbiamo tutti la possibilità di fotografare in condizioni di luci impossibili grazie al poter aumentare la sensibilità senza – almeno con le macchine di ultima generazione – eccessivo rumore. Molti di noi hanno uno smartphone che ci permette di cogliere attimi e momenti semplicemente camminando per strada, situazioni che un tempo ci sarebbero quasi sicuramente sfuggite perché non andavamo sempre in giro con la macchina fotografica al collo, almeno io. Abbiamo avuto la possibilità di condividere in un attimo il nostro lavoro diventando così accessibile ad una vastissima platea. Per non parlare della possibilità di vedere progetti di colleghi, mostre virtuali, scatti in tempo reale. Insomma sotto tanti aspetti il digitale ci ha dato una mano, ci ha fatto anche crescere e migliorare e ha fatto accostare alla fotografia molte altre persone. Ma è cambiato il nostro approccio o è cambiata la Fotografia?
Sempre con l’avvento del digitale il ‘foto ritocco’ è entrato nelle case di tutti. Photoshop, Lightroom, Capture One, Camera Raw, Capture NX tutti software con i quali abbiamo imparato a confrontarci. Ognuno di noi deve ‘sviluppare’ il file grezzo servendosi di qualcuno dei programmi appena menzionati e qui ecco che la Fotografia rischia di subire una battuta d’arresto. Non voglio riaprire un dibattito che già altri hanno affrontato e sviscerato sicuramente con più competenza di me – Smargiassi e Palmisano in testa – ma semplicemente mettere un punto fermo su cosa è Fotografia e cosa è Altro. La definizione di Fotografia dalla sua invenzione ai giorni nostri è ‘una immagine ottenuta tramite un processo di registrazione permanente e statica delle emanazioni luminose di oggetti presenti nel mondo fisico’ (fonte Wikipedia) e per dirla con Rebuzzini – docente universitario di storia della fotografia nonché direttore della rivista Fotographia – si può parlare di ‘Fotografia’ solo in presenza di un negativo – sia questo digitale (file Raw) o analogico (Pellicola) non importa – dal quale è possibile riprodurre infinite volte ciò che la luce vi ha scritto sopra. Tesi tra l’altro condivisa da molti, tanto che ormai sono tutti concordi con l’attribuire a Henry Fox Talbot nel 1839 con il suo calotipo, l’invenzione stessa della Fotografia. Quindi quello che c’è nel negativo è Fotografia tutto il resto è altra cosa e credo sia giusto anche chiamarla con un altro nome.
Non voglio riaccendere polemiche che spesso, invece di essere degli spunti di riflessione, sono degli attacchi indiscutibili in difesa delle proprie barricate. Prendo spunto però dalla ‘firma’ che Gianni Berengo Gardin appone dietro ad ogni sua stampa quando questa viene esposta o venduta: ‘Fotografia vera. Non corretta, modificata o inventata al computer’, per fare alcune considerazioni perché credo sia opportuno capire quando ho davanti una Fotografia o un’Immagine.
Attenzione non sto affermando che il ‘negativo’ non debba essere ‘lavorato’ in alcun modo, tutt’altro. L’esempio della stampa di Salgado è illuminante. Credo però che per continuare a chiamare Fotografia un’immagine, gli interventi su di essa debbano riguardare correzioni che non aggiungono o tolgono niente a quanto presente nel negativo. Quanto afferma Gardin, con tutto il rispetto dovuto ad un fotografo che ha fatto la storia della fotografia mondiale, credo che sia un’esagerazione e ne condivido soltanto la parte finale ossia ‘inventata al computer’. Per il resto credo che anche lui in fase di stampa agisca praticando delle ‘mascherature’ o delle ‘bruciature’ come del resto il sistema zonale (in fase di stampa) di Ansel Adams insegna. Oggi quello che si faceva o si fa con l’ingranditore viene fatto in post-produzione con vari programmi di fotoritocco. Però una cosa sono gli interventi sul contrasto, sulle luci, sulle ombre, sulla saturazione, su un leggero crop, sul togliere eventuale sporco del sensore – una volta le stampe in b/n si spuntinavano – e altra cosa è aggiungere o togliere oggetti, persone, animali e cose. Ovviamente ognuno è libero di manipolare la fotografia a suo piacimento, ci mancherebbe. Si trovano in giro delle immagini bellissime, intriganti, emozionanti, che colpiscono l’occhio, il cuore e la mente, ma se quello lì riprodotto è il frutto di un copia/incolla mi piacerebbe saperlo e vorrei che quell’immagine avesse un nome diverso, che non si chiamasse Fotografia, magari Pittura Fotografica o Pittura Digitale però non Fotografia. Purtroppo so di scontrarmi con tutta una corrente di pensiero opposta a questa, qualcuno mi citerà anche i lavori di Giacomelli, altri mi diranno che non è altro che una evoluzione della fotografia, altri ancora che la fotografia è una filosofia. Ogni idea e punto di vista è legittimo se contiene delle valide argomentazioni a sostegno, però ritengo sia importante mettere dei punti fermi. Quando vediamo un dipinto sappiamo precisamente di cosa stiamo parlando, quando compriamo un romanzo, una poesia, un saggio sappiamo cosa andremo a leggere, ecco quando vedo un’immagine e la sento chiamare Fotografia vorrei che lo fosse davvero. Per dirla con Smargiassi mi piacerebbe sapere ‘se quel che sto guardando è una fotografia o una pittura digitale che simula efficacemente l’aspetto fotografico, se l’immagine è di prelievo o di invenzione, o una mescolanza delle due cose, e in che modo e misura.’
Buona luce