Sergio Larrain, il poeta vagabondo della fotografia
Una buona immagine nasce da uno stato di grazia. Tale stato si manifesta quando uno è libero dalle convenzioni, libero come un bambino che inizia a scoprire la realtà.
Sergio Larrain
Giusto pochi giorni fa mi è stata segnalata una lettera che il fotografo cileno Sergio Larrain scrisse a suo nipote, Sebastiàn Donoso, in risposta alla domanda: ‘come faccio a diventare fotografo?’ Dopo un anno dalla sua morte, avvenuta il 7 Febbario del 2012, è stata pubblicata una retrospettiva del fotografo che contiene oltre 200 fotografie e vari scritti e appunti sulla sua vita tra cui proprio questa lettera. La cosa mi ha incuriosito e con l’occasione mi sono andato a rivedere alcuni dei suoi scatti – belli! Non è un caso che Henry Cartier Bresson lo volle in Magnum che non aveva nemmeno trent’anni – e a leggermi un po’ della sua biografia. Tra l’altro la vita di Larrain ispirò il film Blow up del grande regista Michelangelo Antonioni, un capolavoro della cinematografia mondiale. Ad un certo punto della sua vita, proprio all’apice della sua notorietà, sembra a causa di alcuni problemi legati al servizio commissionategli da Magnun per il matrimonio dello Scià di Persia, smise di fotografare e si ritirò sulle montagne cilene in meditazione.
Nella lettera in questione, Larrain associa la figura del Fotografo a quella di un pescatore che paziente va per mare nella speranza di prendere qualche pesce. Dalla lettura emergono delle affermazioni sulle quali, almeno noi fotografi, dovremmo riflettere e farne tesoro.
Il testo della lettera
La prima cosa è avere una macchina che corrisponda al nostro gusto, quella che più ti piace, perché si tratta di provare una soddisfazione fisica con ciò che si ha tra le mani, lo strumento è la base per chi si dedica ad una professione e che sia essenziale, l’indispensabile e nulla più. […]
Il gioco inizia quando si parte all’avventura, come un veliero dispiega le vele; andare a Valparaiso o a Chiloè, vagare tutto il giorno per le strade, per posti sconosciuti, sedersi quando ci si affatica sotto un albero, comprare una banana o del pane e prendere il primo treno, guardare, disegnare anche, e tornare a guardare, uscir fuori dal conosciuto, entrare nel mai visto, lasciarsi guidare dal piacere; di lì a poco troverai cose che ti susciteranno immagini, prendile come apparizioni.
Quando sarai di ritorno a casa, sviluppa, stampa e inizia a guardare ciò che hai pescato, tutti i pesci. Li stampi in forma di cartoline e li attacchi al muro, poi inizia a giocare con la “L” (la ‘L’ di Larrain è quel gioco che si fa con il pollice e l’indice delle mani per inquadrare la foto. cercando un taglio diverso ndr), a cercare tagli e inquadrature, tutto questo guardare ti guiderà all’osservare. Quando sei sicuro che una foto non sia buona, cestinala! Prendi le migliori e ponile in una posizione più alta sul muro; bisogna ritrovarsi solo con le buone, salvare il mediocre fa sprofondare nella mediocrità, la psiche si fa carico di tutto ciò che non si elimina.
Fatto ciò dedicati a della ginnastica, intrattieniti con altre cose, senza più preoccuparti; inizia a guardare i lavori degli altri fotografi e a cercare qualcosa di buono in tutto ciò che ti ritrovi tra le mani: libri, riviste, prendi il meglio, se puoi ritaglia, prendi ciò che ti interessa e attaccalo al muro, affianco alla tua produzione; se non ti è possibile ritagliare, ciò che hai di buono lascialo in esposizione, lascialo lì per settimane, mesi; si tarda molto ad apprendere ad osservare, però pian piano scoprirai il segreto. Continua la tua vita tranquillamente, disegna un po’, esci a passeggiare. Non sforzarti mai a fotografare, così facendo perderai la poesia, perderai il sentimento. E’ come forzare l’amore o l’amicizia, non si può’. […]
Non farti prendere da ciò che è convenzionale, lasciati portare solo per il gusto di osservare, le apparizioni si faranno più chiare e le fotograferai con più attenzione, riempi il tuo carretto di pesci e torna a casa. Imparerai a mettere a fuoco, a usare il diaframma, ad inquadrare. Apprenderai a giocare con la macchina e le sue possibilità ed aggiungerai poesia. Raccogli tutto ciò che trovi di buono, creati una collezione di cose ottime, un piccolo museo in una cartella. Segui il tuo gusto e nulla più, non credere a ciò che non ti appartiene, la vita sei tu e la vita è quel che si sceglie; ciò che non sia di tuo gusto, scartalo, non ti serve, tu sei il tuo unico criterio, guarda comunque agli altri, apprenderai.
Quando avrai una foto realmente buona, la ingrandisci, ne fai una stampa e la fai incorniciare, mettere in esposizione è dare qualcosa, come dar da mangiare, è giusto mostrare agli altri ciò che si è fatto con fatica ma con passione, non è peccare di superbia, fa bene, è sano per gli altri e per te, perché ti da credito.
Con questo hai sufficienti dritte per iniziare, si tratta di vagabondare, star seduti sotto un albero, si tratta di perdersi nell’universo, si inizia a guardare diversamente. Il mondo convenzionale ti mette i paraocchi, bisogna uscirne durante il ‘momento della fotografia’.’
Tuo, Sergio
[Le fotografie qui presentate, nel rispetto del diritto d’autore, vengono riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65 comma 2, 70 comma 1 bis e 101 comma 1 Legge 633/1941.]